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Un robot diventato artista

Sike Media

30/06/2020


Robotor: una nuova tecnologia che dá la possibilità ad un pubblico sempre più vasto di osservare opere che non possono essere trasportate da un museo all'altro.

Un progetto che unisce arte e scienza con lo scopo di valorizzare in tutto il mondo i maestri della scultura attraverso un connubio di tecnologia e multimedialità.

Un processo di lavorazione condotto da un robot innovativo che, in un lasso di tempo relativamente breve, ha la capacità di ricreare alla perfezione qualsiasi scultura.

Robotor è il nome dell'invenzione che ha riscosso così tanto successo: un braccio meccanico che partendo da una scansione 3D di un gesso dell'opera originale ne realizza una copia uguale in ogni dettaglio. Il robot è composto da un software che studia il blocco di marmo grezzo per identificare i punti chiave dove inserire la scultura e, dopo aver programmato la sequenza delle lavorazioni, seleziona il tipo di utensile da usare nelle diverse fasi dell'elaborazione.

L'opera con cui Robotor ha fatto il suo ingresso nel mondo dell'arte è il gruppo scultoreo "Amore e Psiche", protagonisti di una nota storia narrata da Apuleio all'interno della sua opera "Le Metamorfosi", commissionata ad Antonio Canova dal colonnello John Campbell nel 1987 e completata dall'artista nel 1793.

Se però Canova ha impiegato 5 lunghi anni per realizzare questo capolavoro della scultura, il braccio robotico ci ha messo solo poco più di 10 giorni: 270 ore per essere precisi.

Il lavoro finito è stato poi esposto a Roma, nel cortile di Palazzo Braschi, in occasione della mostra sull'arte di Canova dal nome "Canova. Eterna bellezza" a marzo.

Per la scelta dell'artista da ricreare è stato preso in considerazione il principio di replicabilità delle opere, studiandone il processo creativo che sta dietro quest'ultime e, dato che il processo effettuato da Robotor è molto simile a quello che Antonio Canova usava per le sue opere, la decisione è ricaduta su "Amore e Psiche".

L'artista infatti aveva l'abitudine di partire dall'esecuzione di rapidi schizzi su carta, utili come riferimento per un iniziale bozzetto in terra cruda, dove l'opera prendeva una prima forma. Da qui veniva creata una statua in argilla, supporto sul quale veniva costruito il negativo in cui versare il gesso, così da creare il modello per la scultura vera e propria. Infine Canova, per mantenere le stesse proporzioni sul marmo, inseriva sulla superficie del gesso dei piccoli chiodi che gli permettevano di conservare le distanze nel prodotto finale.

Il robot però, nonostante abbia riscosso molti assensi positivi, non è stato approvato da tutti: una fascia della popolazione infatti ha criticato questa novità affermando che, in questo modo, si perde la capacità indiscussa degli artisti che, prima di iniziare un'opera, sviluppavano un'arte interiore propria e soggettiva che un robot, ovviamente, non potrà mai emulare.

«I grandi dell'arte sono nati sviluppando le loro capacità vivendo in prima persona le loro opere attraverso lo studio e non grazie all'aiuto di un robot» si legge sui social in un confronto proprio sull'argomento.

È vero che un braccio robotico non sarà mai in grado di ricreare l'aura tipica delle sculture originali ma allo stesso tempo è sicuro che questa invenzione rappresenta un sistema diverso e innovativo per avvicinare l'arte ad un numero maggiore di persone rispetto al metodo tradizionale. Infatti, attraverso quest'ultimo, ogni individuo è costretto non solo a recarsi nel museo dove l'opera è conservata per osservarla ma a effettuare questo viaggio per tutte le opere che ha intenzione di visitare, mentre grazie alle riproduzioni di Robotor sarebbe possibile riunire più opere nello stesso luogo in modo tale da limitare gli spostamenti degli interessati per permettere a tutti gli appassionati di vedere le opere dal vivo.

A questo punto è inevitabile rendersi conto che l'evoluzione della tecnologia stia modificando, nel bene o nel male, il concetto di arte e la sua fruizione al pubblico. E questo è l'ennesimo invito al mondo ad adattarsi al cambiamento causato dalla scienza che, ultimamente, detta il ritmo delle vite di tutta la popolazione.


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